giovedì 11 luglio 2013

Sintetizzare, riconoscere, organizzare. Loris Cantarelli ci svela i compiti del direttore editoriale.


Direttore editoriale di Fumo di china, Loris Cantarelli ci ha spiegato in cosa consiste la sua figura all’interno della rivista di fumetti più famosa in Italia.


Il lavoro dell’editore è quello di rendere il discorso più scorrevole possibile. Questo non vuol dire alterare gli articoli, le interviste o le dichiarazioni. A volte significa semplicemente far stare un articolo in tre pagine, ad esempio, nel caso di Fumo di china una pagina corrisponde a 15000 battute, quindi se una bella intervista supera tale numero di caratteri, io sono costretto a fare una sintesi in modo tale da farla rientrare negli spazi, ma che non cambi il senso di ciò che l’intervistatore ha detto e che mantenga la stessa quantità di informazioni. In tal modo possiamo arricchire l’articolo con fotografie e immagini più grandi, cosa che non sarebbe possibile fare se riscrivessimo tutto quello che viene detto a voce. Spesso le domande fatte a voce o via mail sono più lunghe di quanto sia necessario riportarle per iscritto: quindi sistemando la domanda, recuperiamo spazio in più da dedicare alla risposta! Sembrano piccole cose ma, in realtà, è un lavoro di redazione che vale per qualunque tipo di rivista.
L’editore, comunque, non è solo questo. Deve anche essere in grado di riconoscere una notizia non vera in quanto, in teoria, dovrebbe essere informato su tutto di tutti.
Se lasciamo che un nostro estensore di articoli pubblichi una cosa non del tutto esatta, quelli che in primis fanno una brutta figura siamo noi, in quanto vuol dire che non siamo stati in grado di intercettare un errore. Per questo motivo vengono svolti tutta una serie di controlli.
Per tenere tutto sottocontrollo creiamo, come qualsiasi rivista seria, il timone: si tratta di un foglio nel quale sono segnate tutte le pagine della rivista (32 nel caso di Fumo di china), ognuna con quello che avrà la prossima uscita. Ad esempio ci sarà scritto che in pagina 1 vi sarà la copertina, mentre in pagina 2 la pubblicità. In questo modo c’è una maggiore organizzazione.
La nostra rivista, come tutte del resto, ha dei codici di scrittura ben precisi che riguardano l’uso del neretto, del corsivo e delle virgolette. E’ necessario che tutti usino le stesse cose nello stesso modo, in modo tale da non confondere il lettore. Nel caso di Fumo di china, il bold (grassetto) viene usato per i cognomi di persone fisiche (quindi non per i personaggi dei fumetti) solamente, però, la prima volta che vengono citati nell’articolo. Il corsivo invece lo usiamo per le uscite in copia unica (come i libri) e per i periodici.



Ma c’è dell’altro che, chiacchierando con Loris Canterelli, ho scoperto: si tratta dell’importanza del nostro paese per questo particolare settore. Ebbene sì, l’Italia è tra le quattro grandi potenze del fumetto, assieme al Giappone (che possiede il più alto numero di lettori in generale), Stati Uniti (dove il fumetto è nato e si è espanso a dismisura) e Francia (tutta l’area francofona, ovvero anche Belgio e Olanda). Per quest’ultima non basta una parentesi: qui, a parte il fatto che i fumetti non vengono quasi mai pubblicati in edicola ma in libreria, vi è uno Stato che ne finanzia le iniziative, oltre che un ministro della cultura che va alle inaugurazione dei maggiori festival del settore.
E’ vero che siamo quarti su quattro, ma è anche vero che siamo subito dopo Stati pazzeschi sotto questo aspetto. Ormai ogni Stato ha una sua produzione fumettistica, dalla Cina, all’Africa ma, nonostante questo, i tre quarti dei fumetti disneyani (anche se il personaggio è americano) che tuttora si stampano in tutto il mondo sono in realtà realizzati da autori italiani. Non siamo poi così male!  






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